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Figura del Neuropsicologo
REVISIONE NORMATIVA DELLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO E RIFLESSIONI Stampa E-mail

COMUNICATO AI COLLEGHI OPERANTI IN AMBITO NEUROPSICOLOGICO

Il Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Italiana di Neuropsicologia (AINp) nella seduta del 6 febbraio 2010 ha deliberato la stesura di una “Revisione della normativa italiana sulla figura del Neuropsicologo”, e nella seduta del 22 maggio 2010, ha deliberato la stesura delle “Riflessioni sulle nuove iniziative di regolamentazione della professione di Neuropsicologo” e l’invio del seguente comunicato a tutti coloro che si siano associati ad AINp, condividendone le finalità costitutive (tra esse, lo ricordiamo, il riconoscimento e la tutela della professionalità di chi già si occupa di neuropsicologia, o è motivato a farlo intraprendendo un’adeguata formazione), nonché ai professionisti che possono essere interessati all’argomento.

La decisione della stesura di questi documenti è fondata sulla necessità di offrire ai colleghi:

1)             informazioni e chiarimenti circa la figura del professionista che opera nell’ambito neuropsicologico mediante una ricerca di “REVISIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA SULLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO”, realizzata dal C.D. Nazionale AINp,  pubblicata sul sito www.ainp.it,

2)             portare a conoscenza quanto, da qualche tempo, appare emergere dall’attività di alcuni Ordini Regionali, in materia di regolamentazione della figura e dell’attività dello Psicologo operante nell’ambito della Neuropsicologia, con il nostro commento, mediante la divulgazione delle RIFLESSIONI SULLE NUOVE INIZIATIVE DI REGOLAMENTAZIONE DELLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO" realizzate dal C.D. Nazionale AINp. 

Ci auspichiamo che questi documenti possano diffondersi anche presso altre Associazioni e Società Italiane attive nel settore neuropsicologico e tra i loro iscritti, anche al fine di uno scambio di opinioni, critiche e suggerimenti che possano favorire una condivisione di obiettivi tra Associazioni. 

Riteniamo altresì fondamentale raccogliere il parere di ciascun interessato a questa tematica e lo invitiamo, pertanto, a far pervenire opinioni, critiche e suggerimenti al seguente indirizzo e-mail:

Per visionare i documenti cliccare di seguito:

DOCUMENTO 1  “REVISIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA SULLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO”, (Documento redatto dal Consiglio Direttivo Nazionale AINp e deliberato in data 09/10/2010)

DOCUMENTO 2 RIFLESSIONI SULLE NUOVE INIZIATIVE DI REGOLAMENTAZIONE DELLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO (Documento redatto dal Consiglio Direttivo Nazionale AINp e deliberato in data 09/10/2010)

REVISIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA SULLA FIGURA DEL “NEUROPSICOLOGO” Stampa E-mail

REVISIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA SULLA FIGURA DEL “NEUROPSICOLOGO” (PROFESSIONISTA CHE OPERA IN AMBITO NEUROPSICOLOGICO)

Sin dalla sua costituzione, AINp ha perseguito, all’interno delle finalità previste dal suo Statuto, la tutela e la promozione della figura di chi opera professionalmente nel settore della Neuropsicologia. Impegnandoci oggi nella necessaria difesa dei legittimi interessi e delle aspettative di tanti colleghi, soprattutto i più giovani ed entusiasti, confidando nella loro numerosa e convinta adesione, riteniamo fondamentale precisare il quadro normativo vigente, al fine di fugare ogni residuo dubbio su quanto sosteniamo.

a)    LEGGE 18 FEBBRAIO 1989, n. 56: Ordinamento della professione di psicologo. (Pubblicata in G.U. del 24 febbraio 1989, n. 46).

Definizione della professione di Psicologo

Art. 1. La professione di psicologo comprende l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.

Art. 2, 1° comma: Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l’abilitazione in psicologia mediante l’esame di Stato ed essere iscritto nell’apposito albo professionale.

b) Decreto 21 gennaio 1994 - G.U. 2 febbraio 1994, n. 26


Il Ministro della sanità di concerto con il Ministro della finanze Decreta:

Ai sensi dell'art. 10, n. 18, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, così come modificato dall'art. 36, comma 9, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito in legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona dagli esercenti le professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi dell'art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, nonché dagli esercenti le seguenti professioni sanitarie:

a) biologo;

b) psicologo;

c) terapista della riabilitazione;

d) ortottista;

e) logopedista;

f) massaggiatore e massofisioterapista diplomato;

g) podologo
.

Quella di psicologo rientra quindi, limitatamente al suo ambito di intervento “clinico”, che rappresenta una delle sue diverse articolazioni operative, nell’insieme delle professioni sanitarie, come riconosciuto dal Decreto del Ministero della Salute del 21/01/1994, n. 246, che l’ha annoverata tra le quelle che erogano prestazioni fiscalmente esenti dall’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).

c) PARERE SULLA DIAGNOSI PSICOLOGICA E PSICOPATOLOGICA
Documento redatto in data 29-05-2009 dal Gruppo di Lavoro “Atti tipici” del CNOP e pubblicato in data 19-11-2009.

Da pag. 11:

Formazione alle abilità diagnostiche

La diagnosi che gli psicologi possono attuare concerne anche la psicopatologia, come si evince dalle declaratorie dei settori scientifico-disciplinari da M-PSI/01 fino M-PSI/08 del Decreto Ministeriale del 4 ottobre 2000 del Ministero dell’Università e della Ricerca, presenti nei percorsi formativi universitari dello psicologo (classe 34 e 58/S di cui al DM 509/99 e classe L24 ed LM51 di cui al DM 270/04). 

Nel documento si argomenta ed afferma la pertinenza della diagnosi psicologica e psicopatologica al campo di esercizio della professionalità dello psicologo e, nel paragrafo dedicato alla “Formazione alle abilità diagnostiche”, si citano, a mo’ di esempio, alcune declaratorie dei settori scientifico-disciplinari, regolati dal D.M. del 4 Ottobre 2000 del MIUR, presenti nei percorsi formativi universitari dello psicologo. Lo psicologo, dunque è competente per la diagnosi nei settori da M-PSI/01 a M-PSI/08, come elencati dal Decreto Ministeriale.

d) DECLARATORIA DEI SETTORI SCIENTIFICO-DISCIPLINARI
presenti nei percorsi formativo universitari dello psicologo, redatta dal MIUR e formalizzata nel Decreto Ministeriale del 4 Ottobre 2000.

Codificata in M-PSI/08, la Psicologia Clinica è così descritta:
 

“Il settore comprende le competenze relative ai metodi di studio e alle tecniche di intervento che, nei diversi modelli operativi (individuale, relazionale, familiare e di gruppo), caratterizzano le applicazioni cliniche della psicologia a differenti ambiti (persone, gruppi, sistemi) per la soluzione dei loro problemi. Nei campi della salute e sanitario, del disagio psicologico, degli aspetti psicologici delle psicopatologie (psicosomatiche, sessuologiche, tossicomaniche incluse), dette competenze, estese alla psicofisiologica e alla neuropsicologia clinica, sono volte all’analisi e alla soluzione di problemi tramite interventi di valutazione, prevenzione, riabilitazione psicologica e psicoterapia.”

 Ad avvalorare ulteriormente l’inclusione delle prestazioni in ambito neuropsicologico nella più vasta classe delle prestazioni di Psicologia Clinica, provvede quindi la Declaratoria dei settori scientifico-disciplinari, presenti nei percorsi formativo universitari dello psicologo, redatta dal MIUR e formalizzata nel Decreto Ministeriale del 4 Ottobre 2000. 

e) NOMENCLATORE-TARIFFARIO
A ciò si aggiunga che, nel Nomenclatore-Tariffario degli Psicologi, approvato nella sua stesura attualmente vigente dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi nell’adunanza del 23 settembre 2006, tra le prestazioni erogabili, inserite nell’Area denominata Diagnosi Psicologica, sono enumerate:
16. Valutazione neuropsicologica, include profilo psicofisiologico
23. Somministrazione, scoring e interpretazione di batteria neuropsicologica per valutazione di funzioni cognitive e relativi disturbi, valutazione del linguaggio e relativi disturbi, test di profitto 

Mentre, nell’Area denominata Abilitazione e Riabilitazione Psicologica, sono enumerate: 
28. Definizione e stesura di programma di riabilitazione di specifici deficit o disturbi comportamentali e di rieducazione funzionale di specifici processi o abilità cognitive.
29. Verifica e aggiustamento di programma riabilitativo o rieducativi.
30. Rieducazione funzionale di specifici processi o abilità cognitive e psicomotorie (per seduta). Include l’uso di strumenti o di programmi computerizzati.  .  

f) SULLA FORMAZIONE SPECIALISTICA POST LAUREAM:
D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162
Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento

Capo I - Principi sull'assetto nell'ordinamento universitario delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento

1. Finalità. Le scuole dirette a fini speciali, le scuole di specializzazione e i corsi di perfezionamento fanno parte dell'ordinamento universitario e concorrono a realizzare i fini istituzionali delle Università.

Presso le Università possono essere costituite:
a) scuole dirette a fini speciali per il conseguimento di diplomi post-secondari per l'esercizio di uffici o professioni, per i quali non sia necessario il diploma di laurea, ma sia richiesta ugualmente una formazione culturale e professionale nell'ambito universitario;
b) scuole di specializzazione per il conseguimento, successivamente alla laurea, di diplomi che legittimino nei rami di esercizio professionale l'assunzione della qualifica di specialista;
c) corsi di perfezionamento per rispondere ad esigenze culturali di approfondimento in determinati settori di studio o ad esigenze di aggiornamento o riqualificazione professionale e di educazione permanente.

L’inclusione delle prestazioni neuropsicologiche nella più vasta classe delle prestazioni Psicologiche, viene comunque ribadita ulteriormente dal D.M. 24.07.2006 di Riassetto delle Scuole di Specializzazione di Area Psicologica che ha compreso la “Neuropsicologia” tra le scuole di specializzazione di area psicologica. La frequentazione di una Scuola di Specializzazione in Neuropsicologia i cui corsi hanno durata quinquennale e sono aperti esclusivamente a chi è in possesso dell’abilitazione alla professione di Psicologo è, al momento, la sola modalità di ottenimento del titolo di “Specialista in Neuropsicologia”.

Il recente Decreto Ministeriale dopo aver precisato, all’art. 2 che le Scuole di specializzazione di area psicologica afferiscono alle facoltà di psicologia, ha previsto che le scuole di specializzazione di area psicologica comprendono, tra l’altåro, la Neuropsicologia. Nell’allegato al decreto è specificato che:

Lo specialista in Neuropsicologia deve aver maturato conoscenze teoriche, scientifiche e professionali nel campo dei disordini cognitivi ed emotivo-motivazionali associati a lesioni o disfunzioni del sistema nervoso nelle varie epoche di vita (sviluppo, età adulta ed anziana), con particolare riguardo alla diagnostica comportamentale mediante test psicometrici, alla riabilitazione cognitiva e comportamentale, al monitoraggio dell’evoluzione temporale di tali deficit, e ad aspetti sub specialistici interdisciplinari quali la psicologia forense. In particolare, deve disporre di conoscenze ed esperienze atte a svolgere e coordinare le seguenti attività: identificare i deficit cognitivi ed emotivo motivazionali determinati da lesioni o disfunzioni cerebrali (deficit del linguaggio, afasia e disordini della lettura e della scrittura; deficit della percezione visiva e spaziale, agnosia e negligenza spaziale unilaterale; deficit della memoria, amnesia; deficit dell’attenzione e della programmazione e realizzazione del comportamento motorio e dell’azione complessa), valutare i predetti deficit mediante test psicometrici, interviste e questionari; analizzare risultati quantitativi degli accertamenti mediante tecniche statistiche descrittive ed inferenziali e utilizzando le tecnologie informatiche; organizzare i programmi di riabilitazione dei deficit cognitivi ed emotivo-motivazionali e gli interventi atti a favorire il compenso funzionale, mediante l’utilizzazione delle abilità residue; promuovere, realizzare e valutare gli interventi psicoterapeutici e di comunità atti a favorire il recupero del benessere psicosociale… 

Emerge, chiaramente espressa, la competenza dello psicologo (anche non specializzato in Neuropsicologia), nella diagnosi e riabilitazione neuropsicologica, nonché emerge che non vi è bisogno di considerare la neuropsicologia in modo diverso da come si considerano le altre branche di attività psicologica, il cui titolo specialistico è acquisibile dopo la laurea. Non vi è stata né vi sarà sanatoria per la psicologia clinica, per la psicologia della salute né per la valutazione psicologica, per citare le specializzazioni post lauream relative all’offerta formativa dell’Università La Sapienza di Roma.

Risulta illegittimo, oltre che contrario a quanto sostenuto dallo stesso CNOP, pensare di poter operare un’ablazione delle prerogative professionali degli psicologi, impedendo loro l’attività diagnostica in neuropsicologia clinica, espressamente prevista dalla vigente normativa.

Sulla base di quanto disposto dalla normativa riportata, lo Psicologo abilitato all’esercizio della professione può legalmente erogare tutte, nessuna esclusa, le prestazioni sanitarie sopra citate, relative all’area di intervento clinico neuropsicologico, senza dimenticare, oltretutto che è stato abilitato a questo tramite un Esame di Stato (magari proprio con un compito di diagnosi neuropsicologica!) ed un’iscrizione all’Albo degli Psicologi, magari dopo aver seguito un percorso universitario con una Laurea specialistica proprio nel’ambito della neuropsicologia. Se tali professionisti non potessero lavorare nell’ambito della neuropsicologia quale sarebbe allora la loro professionalità dopo un percorso universitario specifico in tale ambito, un tirocinio pratico di un anno nell’ambito neuropsicologico, un esame di stato che abiliti alla professione di Psicologo(come già espressa) ed una iscrizione all’Albo degli Psicologi?

Per un ulteriore approfondimento sulla figura del “Neuropsicologo” è possibile consultare i seguenti documenti nella loro versione integrale:

1- “LA FIGURA DELLO PSICOLOGO NEUROPSICOLOGO”
[scarica il documento in PDF]

(Documento approvato in data 25 marzo 2008 dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia)

2- “REQUISITI AUSPICABILI DI BUONA PRATICA PROFESSIONALE PER LO PSICOLOGO CHE OPERA IN AMBITO NEUROPSICOLOGICO"
[scarica il documento in PDF]

(Documento redatto dalla Commissione di Neuropsicologia dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte ed approvato a luglio 2009 dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte)

3- “E’ NEUROPSICOLOGO SOLO SE GIA’ LAUREATO IN PSICOLOGIA”
[scarica il documento in PDF]
(Documento approvato il 17 Luglio 2009 dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e pubblicato sul NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DEL LAZIO NUMERO 4/5 – 2009 - Sezione Tutela della Professione, pag. 96)

4- "DEFINIZIONI DELLE COMPETENZE E DEL RUOLO"
[scarica il documento in PDF]

(Documento redatto dall'Ordine degli Psicologi Liguria - Gruppo di Lavoro di Neuropsicologia)

5-"LA NEUROPSICOLOGIA"
[scarica il documento in PDF]

(Documento dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna)

6- "RIASSETTO DELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE DI AREA PSICOLOGICA"
[scarica il documento in PDF]

6bis- "RIASSETTO DELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE DI AREA SANITARIA"
[scarica il documento in PDF]

6ter- "ALLEGATO ORDINAMENTI DIDATTICI SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE DI AREA PSICOLOGICA"
[scarica il documento in PDF]

7- "Modifica al decreto ministeriale 1° agosto 2005 per la soppressione della Scuola di specializzazione di «Psicologia clinica» e l'integrazione del decreto 24 luglio 2006 con l'iscrizione della stessa Scuola tra quelle di area psicologica."
[scarica il documento in PDF]

Torino 09 ottobre 2010

F.to Il Consiglio Direttivo Nazionale AINp

RIFLESSIONI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE AINp SULLE NUOVE INIZIATIVE DI REGOLAMENTAZIONE Stampa E-mail

RIFLESSIONI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE AINp SULLE NUOVE INIZIATIVE DI REGOLAMENTAZIONE DELLA PROFESSIONE DEL NEUROPSICOLOGO

Negli ultimi tempi, lo scenario entro il quale si muove la pratica professionale della neuropsicologia sta facendo registrare un interesse particolare, da parte di alcuni esponenti delle realtà ordinistiche regionali.

In particolare, vanno segnalate due iniziative, una promossa dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, l’altra da quello del Piemonte, contenenti, ad avviso della nostra Associazione, pericolosi germi di una illegittima ed insostenibile discriminazione tra i colleghi che da anni si occupano di diagnosi e riabilitazione neuropsicologica, con ricadute altrettanto gravi anche nei confronti di coloro che, più giovani, da minor tempo ma con eguali entusiasmo, motivazione ed interesse, stanno investendo nella loro formazione in Neuropsicologia.

Analizziamole entrambe.

Nella seduta del 17 Luglio 2009, il Consiglio dell’Ordine del Lazio ha approvato un documento sulla Neuropsicologia, pubblicato sul suo Notiziario, numero doppio 4/5 del 2009, nella Sezione: Tutela della Professione.

In esso, tra l’altro, si riafferma che, dopo il riordino delle Scuole di Specializzazione di Area Psicologica, disposto con Decreto Ministeriale del 4 Luglio 2006, la sola modalità di ottenimento del titolo di “Specialista in Neuropsicologia” è, attualmente, quella legata alla frequenza di una Scuola di Specializzazione universitaria in Neuropsicologia, i cui corsi hanno durata quinquennale e sono aperti esclusivamente a chi è in possesso dell’abilitazione alla professione di Psicologo.

Sulla base di questa, peraltro indiscutibile, asserzione, nel documento viene fatto un importante cenno al valore attribuibile ai diversi corsi in Neuropsicologia, attivi nel panorama della formazione privata. Dopo aver ricordato che essi non abilitano all’acquisizione del titolo di “Neuropsicologo”, considerato equivalente a quello di “Specialista in Neuropsicologia”, è specificato che:

L’esito formale di corsi di formazione diversi [da quelli specialistici universitari, n.d.r.] può concretizzarsi in un attestato di frequenza o partecipazione, senza effetti legati all’abilitazione alla specifica attività del neuropsicologo né all’utilizzo del titolo professionale specifico.

Intendiamo richiamare l’attenzione proprio sull’inciso: “senza effetti legati all’abilitazione alla specifica attività del neuropsicologo”, poiché è in esso che ritroviamo una distorta, quanto illegittima ed, in prospettiva, pericolosa presa di posizione sullo status e sulle possibilità operative dei colleghi che, interessati alla Neuropsicologia, hanno, da anni, investito in formazione presso privati, non avendo avuto modo di accedere (o, semplicemente, non essendo motivati all’accesso) all’unico Corso di Specializzazione in Neuropsicologia attualmente attivo in Italia, presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

Affermare, infatti, che quella del neuropsicologo sia un’attività definibile come specifica, per la quale sia prevista una qualsivoglia abilitazione, è cosa totalmente destituita di fondamento giuridico ed apertamente contraria alle norme vigenti nel nostro Paese. Ed infatti, la frequenza di un Corso di Specializzazione Universitario, in qualunque disciplina (si pensi, ad esempio, a tutte quelle che compongono la scienza della Medicina), non abilita all’esercizio “riservato” (dunque, esclusivo) di alcuna attività professionale, bensì consente solo di utilizzare in maniera legittima la qualifica di “Specialista”, che è, ovviamente, cosa ben diversa!

Il titolo di Specialista in Neuropsicologia non rappresenta quindi titolo per l’esercizio esclusivo della Professione, ma soltanto titolo per esercitare quella stessa professione in qualità di specialista. E’ naturale che qualora si partecipasse ad un concorso pubblico per “Neuropsicologo” la specializzazione sarebbe un titolo più spendibile insieme probabilmente a quelli elencati nei “Requisiti ulteriori consigliati” all’interno del documento redatto dalla Commissione di Neuropsicologia dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte dal titolo “Requisiti auspicabili di buona pratica professionale per lo psicologo che opera in ambito neuropsicologico”.

Ricordiamo, infatti, che alle cosiddette Scuole di Specializzazione universitarie viene unicamente concesso la facoltà di rilasciare titoli specialistici professionali, come previsto dal D.P.R. del 10 marzo 1982 n. 62, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17/04/1982, di cui si riporta la parte del testo di nostro interesse:

“…le università possono attivare scuole di specializzazione per il conseguimento, successivamente alla laurea, di diplomi che legittimino nei rami di esercizio professionale l’assunzione della qualifica di specialista”.

Il testo è di estrema chiarezza e non consente interpretazioni difformi da quella letterale: il diploma rilasciato dalla Scuola di Specializzazione legittima, per quello specifico ramo di esercizio professionale, l’assunzione della qualifica di specialista (nel nostro caso, Specialista in Neuropsicologia), non stabilendo alcuna “riserva” per quanto attiene alla medesima attività professionale.

Questo significa che la frequenza della scuola di specializzazione post lauream consente “unicamente” di ottenere un diploma che rende legittimo definirsi “specialista” nella disciplina che si esercita professionalmente, non che abiliti all’esercizio professionale. È questo il motivo per il quale i medici abilitati ma non specialisti possono curare pazienti, le cui patologie, ovviamente, sono quasi sempre oggetto di studio e campo di applicazione di settori “specialistici” della Medicina.

In altre parole, l’esercizio professionale può essere svolto, del tutto legittimamente, tanto dal professionista che potrà utilizzare il titolo di specializzazione conseguito, quanto dal professionista che, pur non avendo conseguito (e non vantandolo!) il titolo di “specialista”, ha tuttavia consapevolezza e competenza necessaria per erogare prestazioni facenti parte a tutto tondo degli ambiti operativi e di intervento tipici della sua professione.

Se così non fosse, si produrrebbe, nel caso in questione, una riserva circa la possibilità di operare professionalmente in favore degli specializzati, ed in questo modo si sottrarrebbe “almeno” un ambito fondamentale di pertinenza professionale (la diagnosi e riabilitazione neuropsicologica) agli stessi Psicologi, a ciò abilitati dall’art. 1 della 56/89.

Entrambi (professionista specializzato e non), per quanto attiene alle responsabilità nei confronti dell’utenza, sono tenuti a rendere nota la loro effettiva qualificazione ed esperienza, sono soggetti alla legge, in ordine alle responsabilità professionali e, su un piano più strettamente operativo, si confrontano in un regime di “mercato”, come previsto e regolamentato dalle norme vigenti.

A questa “regola”, come spesso accade, si affianca un’unica “eccezione”, rappresentata dalla pratica della Psicoterapia. Questo accade esclusivamente perché il primo comma dell’articolo 3 della legge 56 del 18/02/1989, che ha regolamentato, nel nostro Paese, la professione di Psicologo, istituendone l’Ordine professionale, dispone che:

“L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia...”

Come è noto, nulla del genere esiste, come riserva dell’attività professionale, per le altre scuole di Specializzazione in Medicina o in Psicologia (si pensi alle specializzazioni in Psicologia della Salute o in Psicologia del Ciclo di vita), che come la Scuola di Specializzazione in Neuropsicologia, abilitano a svolgere la professione di Psicoterapeuta, ma non tolgono la possibilità e chi non è specializzato in Psicologia della salute o Psicologia del ciclo di vita, di occuparsi di questi rami della psicologia, che rientrano pienamente nella professione dello Psicologo.

La differenza tra le due condizioni pare comunque evidente: il legislatore afferma che un laureato abilitato, ma non specialista, possa esercitare nello stesso ramo professionale nel quale esercita lo specialista, il quale, però, può farsi vanto del suo titolo, mentre nella psicoterapia questo non è consentito ed è precluso l’esercizio stesso dell’attività professionale. La legge lo esplicita apertis verbis e non possono esservi dubbi interpretativi.

Appare ora importante soffermarsi su un non minore elemento di preoccupazione, derivante da un’iniziativa intrapresa molto di recente (e tuttora in corso di articolazione), da parte della Commissione di Neuropsicologia dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte.

Nelle ultime sedute della Commissione, come da verbale redatto, si è deciso di promuovere, in vista di una ritenuta auspicabile “sanatoria”, lo studio dei requisiti di “esperienza pratica certificabile” che consentano, in futuro, ai colleghi che ne siano in possesso, di poter legittimamente vantare, pur senza la prevista formazione specialistica universitaria quinquennale, il titolo di “Specialista in Neuropsicologia”. Per quanto è dato saperne, dalla lettura del verbale, si va coltivando l’idea di riconoscere il titolo di Specialista a coloro che possano dimostrare di avere svolto, per 4 o 5 anni, almeno 1700 ore di attività annue presso strutture pubbliche o strutture private equiparate o convenzionate - presidi).

A nostro avviso, per denunciare le insidie contenute in una proposta siffatta, non si necessita davvero di entrare nel merito della “giustezza” di tali criteri, sul rispetto effettivo dei quali, esattamente come accaduto con le precedenti “sanatorie” previste dalla Legge 56/89, sarebbe sin troppo facile ipotizzare che possa verificarsi un’analoga applicazione del tutto “fuori controllo”, foriera di abusi ed ingiustizie sostanziali.

Le “sanatorie” infatti, assumono un senso realmente efficace solo quando riservino tutto un settore di attività professionale (si veda, ad esempio, l’esercizio della professione di psicologo o dell’attività di psicoterapia) a coloro i quali, senza la qualifica acquisita attraverso questa forma di equiparazione, non potrebbero continuare ad esercitare al suo interno.

Al contrario, in un settore in cui continua ad essere possibile l’esercizio dell’attività dello psicologo che eroga prestazioni sanitarie in quella branca della psicologia clinica denominata Neuropsicologia, non si comprende davvero né la ragione né l’utilità di una simile operazione, se non nel senso insidiosissimo di un interessato tentativo di riformare la norma riservando, appunto come per la psicoterapia, le prestazioni neuropsicologiche ai soli Specialisti.

E che questo non sia solo un malevolo sospetto lo si può evincere dallo stesso testo del succitato verbale della Commissione di Neuropsicologia dell’Ordine del Piemonte che, nelle righe di introduzione al tema “sanatoria”, così riporta:

“…viste le poche scuole di neuropsicologia presenti in Italia e i pochi specializzati, ci si chiede chi lavorerà nei servizi e chi potrà svolgere l’attività neuropsicologica. La proposta è appunto la sanatoria, com’era successo anni fa con quella per gli psicoterapeuti.”

Ora, è proprio sull’utilizzazione del termine “attività”, presente tanto nel documento redatto dall’Ordine del Lazio (nell’espressione “specifica attività del neuropsicologo”) quanto nel verbale della Commissione dell’Ordine del Piemonte (nell’espressione “attività neuropsicologica”), che, a nostro avviso, occorre fare estrema attenzione, in quanto si tratta dello stesso termine che compare nel citato art. 3 della Legge 56/89 e dal quale discende la riserva di una intera attività professionale (nel caso di specie, quella della psicoterapia) a quanti abbiano i requisiti della Specializzazione universitaria quinquennale o, in alternativa, quelli richiesti dalla “sanatoria” ex art. 35 della stessa legge!

Per questo motivo, la nostra Associazione ritiene di doversi mobilitare e chiede il sostegno dei suoi iscritti e di tutti coloro che intendano ad affiancarci in una battaglia per l’ autonomia e la dignita’ della professione di psicologo operante nel settore della Neuropsicologia.

rilevato quanto si sta pensando di fare, da parte di esponenti di rilievo della nostra stessa professione, appare indispensabile essere numerosi ed uniti per combattere, in tutte le sedi piu’ opportune, in favore del pieno rispetto del diritto e delle norme vigenti, contro qualunque tentativo di stravolgere le regole alla base della professione di Psicologo, che produrrebbe certamente sacche di privilegio indebito ed illegittimo, sulle quali sara’ fin troppo semplice pensare di lucrare!

va, oltretutto, fortemente stigmatizzato il fatto che rappresentanti di colleghi, eletti negli ordini regionali, mirino alla introduzione di norme che limitino l’esercizio della professione da parte di coloro che ne fanno parte (e che, li sostengono finanziariamente), impedendo l’erogazione di prestazioni sanitarie (diagnosi neuropsicologica come forma di diagnosi psicologico clinica) tanto legittime da essere state riconosciute come “atti tipici” professionali da un documento approvato dal Consiglio nazionale dell’ordine

Per tutti questi motivi, l’Associazione Italiana di Neuropsicologia - AINp ha deciso di levare forte la sua voce per tutelare i colleghi che potrebbero trovarsi, per un improvviso mutamento del quadro normativo, nella impossibilità di proseguire l’esercizio di una attività professionale lungamente praticata, magari al di fuori del circuito della sanità pubblica, con ingenti investimenti in formazione E AGGIORNAMENTO presso privatI, come pure per difendere coloro che, affacciatisi da poco sul mondo della neuropsicologia, stanno acquisendo conoscenze che vorrebbero un giorno utilizzare nella pratica professionale, per potersi confrontarsi, pur in assenza del titolo specialistico, in un leale confronto regolato dalle leggi del mercato, con i colleghi che, al contrario, hanno voluto e potuto conseguire quel titolo.

Riteniamo che solo il rispetto delle norme vigenti (vedasi documento di “REVISIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA SULLA FIGURA DEL NEUROPSICOLOGO”, redatto dal Consiglio Direttivo AINp) garantisca, anzitutto, agli Psicologi di non vedersi precludere un campo di attività (prevenzione, diagnosi, attività di abilitazione-riabilitazione, che non possono non valere, ovviamente, anche per il settore della Neuropsicologia) tanto peculiare da essere stato addirittura esplicitato nel primo articolo della Legge che ne regolamenta la professione!

 E sottolineiamo, comunque, l’importanza, per un chi voglia occuparsi di neuropsicologia, di un’adeguata FORMAZIONE SCIENTIFICA in tale ambito, da acquisirsi anche dopo la laurea, di una ESPERIENZA PRATICA sul campo e di un costante AGGIORNAMENTO, al fine di svolgere il proprio lavoro nel pieno rispetto della propria professionalità e dell’utenza stessa.

Torniamo pertanto a chiedere a tutti i colleghi cui è indirizzato questo comunicato di far pervenire il loro pensiero in merito, sia esso solidale o critico con quanto sosteniamo, in modo tale da farci proseguire, con la forza e la consapevolezza del sostegno proveniente da chi condivide la nostra posizione, lungo la strada della effettiva tutela della professionalità di tutti gli Psicologi che si occupano di Neuropsicologia. 

Torino 09 ottobre 2010

F.to Il Consiglio Direttivo Nazionale AINp

 


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